La Numero 1

Luglio 22, 2014 | Posted in 0 Comments

Il monumento alla locomotiva

La Numero 1

Da più di 50 anni il piazzale del Castello di Brescia ospita il primo esempio di monumento ferroviario in Italia: la locomotiva Numero 1 della Ferrovia Brescia-Edolo. In questa pagina presentiamo la storia di questa locomotiva raccontata dall’indimenticabile socio e amico Mario Bicchierai.

La storia della Numero Uno

Il 17 settembre 1961 veniva inaugurato, sul piazzale del castello di Brescia, il primo Monumento alla locomotiva a vapore, ad opera dei soci del Club Fermodellistico Bresciano. Il mezzo prescelto fu la 0-3-0 numero 1 della Società Nazionale Ferrovie e Tranvie (ora Ferrovie Nord Milano). Oggi la macchina ha più di cento anni, di cui più di cinquanta passati sui binari delle linee per Edolo e Cremona ed altrettanti a far bella mostra di sè come monumento.

La locomotiva esposta faceva parte di un ordinativo di sette macchine a rodiggio 0-3-0 con distribuzione sistema Allan realizzata dalle Costruzioni Meccaniche di Saronno (all’epoca collegate alla ditta tedesca Kessler di Esslingen) con il numero di fabbrica 284 e consegnata alla SNFT sul finire del 1906, anche se i dati disponibili la danno come immatricolata, unitamente alle altre sei unità, solo nel 1907. La locomotiva giunse nel momento in cui la Società aveva appena inaugurato il tratto da Iseo sino a Breno e si apprestava a rilevare dalla Rete Adriatica (RA) il tratto Iseo-Brescia. Da qui l’esigenza di dotarsi di un parco trazione adeguato al servizio da svolgere, su una relazione piuttosto lunga e dalla difficile orografia. Le principali caratteristiche delle unità 1-7 si possono così riassumere: motore a due cilindri gemelli orizzontali esterni a semplice espansione a vapore saturo, distribuzione Allan a cassetti semplici, potenza 220 kW. La lunghezza totale fuori respingenti era di 9.068 mm con passo rigido di 3.580 mm mentre il peso complessivo a pieno carico risultava essere di 41.260 kg. Le scorte di carbone erano pari a 3 t mentre quelle di acqua, i cui cassoni erano posti lateralmente alla caldaia, erano di 2.000 litri. Per quanto riguarda quest’ultima segnaliamo che nel 1923, quella della numero 1 fu sostituita da una nuova interamente realizzata presso le Officine Meccaniche di Milano. Il peso aderente non era identico, causa il rodiggio Ct e il tipo di sospensione adottato, su tutte le ruote e variava dai 13.770 kg ai 13.840 kg. Il diametro delle ruote era di 1.330 mm a nuovo, misura decisamente interessante per una loco-tender, che già faceva intuire i servizi che le sarebbero stati affidati e poteva raggiungere una velocità massima di 60 km/h. Era dotata del freno rapido Westinghouse e quello a mano utilizzato per lo stazionamento. Completavano le apparecchiature la sabbiera con i tubi che agivano sul secondo asse e il fischio a vapore. Appena giunte ad Iseo furono subito destinate al traino dei convogli passeggeri più importanti, coadiuvando le due automotrici a vapore già presenti sulla linea, e dei pochi merci all’epoca effettuati. L’aumento del traffico e l’estendersi della rete fecero giungere al DL di Iseo nuove macchine per cui le nostre gruppo 1 furono esclusivamente dedicate al servizio passeggeri veloce.

Il servizio della Nazionale era assai apprezzato e per conferma riportiamo qui un breve scritto tratto dal diario della famiglia Regazzoli all’anno 1909: “… in tal giorno (8 agosto) partirono da Cedegolo col treno discendente delle 4,49 il Babbo, la Mamma, la Caterina…(omissisis)…si fermarono tutti fino alle 6 della sera, passando una splendida giornata; e poi, col treno ascendente a Cividate alle 7, fecero ritorno a Cedegolo dove arrivarono sani e contenti alle 8 di sera, grati a Dio dei tanti e tanti benefici accordati alla nostra famiglia e benedicenti alla ferrovia che ha reso così facile ed economico il mezzo di trovarsi a vicenda, e godersi un po’ di più di quello che si potesse fare prima”.

Cedegolo 1910

Cedegolo 1910: la numero 1 è ripresa al traino di un convoglio misto per Iseo. (Da cartolina/coll. C. Pedrazzini)

Negli Anni Trenta erano le titolari di un servizio diretto Brescia-Iseo-Edolo classificato come accelerato 32 (tutti gli altri erano misti) che impiegava circa tre ore e dieci minuti per compiere l’intero tragitto con una composizione di sette o otto vetture a due assi tipo Af e ACf, rispetto alle quasi quattro ore dei misti. Superato senza grandi problemi il periodo del secondo conflitto mondiale, la vita della nostra macchina e delle consorelle, anche di altri gruppi, proseguì senza particolari scossoni sino alla metà degli anni Cinquanta quando, con l’arrivo dei mezzi Diesel i convogli loro affidati diminuirono sensibilmente. Relegate prima a servizi meno importanti e poi a quelli di manovra, sul finire del 1959 iniziarono gli accantonamenti. La numero 1 fu messa a riposo il giorno primo luglio 1961, dopo aver percorso qualcosa come 2.500.000 chilometri. La sua sorte sembrava ormai segnata, ma il destino e la passione dei soci del Club Fermodellistico Bresciano avevano deciso diversamente. Il Club era sorto da pochi anni e aveva nella signorina Dada Bruneri il motore instancabile delle attività, che, unitamente agli altri soci si “buttarono” in una iniziativa, per il tempo, incredibile: salvare la numero 1. Grazie alla disponibilità della Nazionale nella persona del Presidente avv. Luigi Ottone, opportunamente sollecitato dal direttore dell’Esercizio di Iseo Ing. Zaquini, le cose iniziarono a muoversi. L’idea era quella di portare la macchina sul colle Cidneo ed inaugurarla in concomitanza con lo svolgimento di MOROP 1961 che si sarebbe svolto in settembre, proprio in Italia. Presi gli opportuni contatti con l’amministrazione comunale di Brescia e grazie alla sensibilità dell’allora Sindaco Bruno Boni, in men che non si dica le cose si avviarono, è proprio il caso di dirlo, sul binario giusto. Per prima cosa vi fu la cessione formale della macchina dalla SNFT al Club avvenuta per la simbolica cifra di 1 lira dopodichè iniziarono le fasi progettuali del suo trasporto ed in particolar modo la salita al Colle. Qui venne in aiuto la più nota ditta del tempo di trasporti eccezionali di Brescia: la Besenzoni. Il titolare, dopo gli opportuni sopralluoghi, decise che la cosa era fattibile a patto di poter togliere una parte del rosone della grata di ingresso del portone, la cui presenza ostacolava il passaggio del duomo della macchina. Questa, come tutto il complesso, era, ed è, sotto la tutela della Sovrintendenza delle Belle Arti, e al tempo la cosa voleva dire intoccabile. Il problema non era da poco, ma ancora una volta la volontà della signorina Bruneri ebbe ragione delle pastoie burocratiche. Tramite il sen. Donati, ci si mise in contatto con il responsabile delle Belle Arti di Brescia, prof. Panazza, che al solo sentir parlare di toccare qualcosa del Castello, inorridì.

Maggio 1960

La numero 1 con un convoglio passeggeri transita al passaggio a livello della Mandolossa, diretta ad Iseo nel Maggio 1960, ormai a fine carriera. (Foto C. Pedrazzini).

Vista però l’insistenza dei promotori, diede un tacito e mai scritto assenso a che si potesse toccare la grata. La notte prima del trasferimento un fabbro provvide a tagliare con la fiamma ossidrica alcuni bracci del rosone così che lo si potesse piegare verso l’alto per lasciar passare il duomo della macchina. Una volta passata, il tutto fu riportato nelle condizioni iniziali con una abbondante sporcatura delle nuove saldature che risultarono quasi invisibili. Il prof. Panazza effettuò il sopralluogo dopo i lavori e tutti i presenti attendevano con ansia (a detta dei presenti molto palpabile) il responso. Osservata per bene la grata egli non solo approvò ma fece anche i complimenti agli esecutori. Un sospiro liberatorio pervase tutti gli astanti. La macchina partì dallo Scalo Piccola Velocità di Brescia il 7 settembre 1961. Caricata su un carrello per il trasporto dei carri, opportunamente modificato, trainato da due trattori stradali direttamente agli ordini del titolare dell’azienda commendator Besenzoni, con il supporto del più anziano ed esperto conducente della ditta, Giovanni Ferrari, lo strano convoglio iniziò la marcia da Via Dalmazia per proseguire in Via Cassala, Via Fratelli Ugoni, Via Leonardo da Vinci e la faticosa salita del Castello con le due strette curve che impegnarono non poco i conducenti dei trattori. La locomotiva era stata privata della cabina di guida, del fumaiolo, della cassa laterale destra dell’acqua e del complesso dei cilindri sempre sul lato destro così da agevolare i vari transiti e alleggerire il peso. Non ostante ciò fu necessario puntellare il ponte di ingresso al Castello. Superata con non poca fatica la stretta curva che immette alla salita verso il piazzale a lei destinato, sotto un sole cocente la locomotiva giunse finalmente a destinazione. Sistemata su un piccolo tronchino con relativa massicciata, nei giorni seguenti furono riposizionati tutti i particolari asportati in precedenza e il giorno 18 settembre ebbe luogo la solenne inaugurazione. Tenne il discorso ufficiale il Presidente della FIMF Gino Bechi, alla presenza del prefetto di Brescia Cappellini, del sindaco Boni e del senatore Donati che tanta parte ebbero nel successo dell’iniziativa, del sovrintendente Panazza, del Presidente di MOROP Siegwart e del novantenne macchinista Negri che per decenni aveva amorevolmente condotto questa locomotiva, oltre naturalmente tutti i Soci del CFB ancora increduli di quanto realizzato.

Ingresso Cidneo E’ il momento più delicato di tutto il trasporto. La numero 1 transita attraverso il secondo arco dell’ingresso al Colle Cidneo. Sotto il duomo si noti la griglia incriminata (vedi testo). (Foto Covatti)
La locomotiva è ormai passata. Il carrello della Besenzoni, con tutte le ruote girate al traino di uno dei due trattori si avvia a posizionare la macchina sul piazzale. Il personale che la circonda sembra quasi non credere a ciò che si è appena realizzato. (Foto Covatti) Ingresso

Il colle Cidneo è conosciuto dai bresciani come Falco d’Italia per una leggenda che si perde nella notte dei tempi, che vuole un uomo tramutato in falco per avidità e destinato a custodire perennemente il mastio. Tale nome, unito al fatto che la numero 1 non avrebbe più potuto lasciare il complesso, le fece assumere l’appellativo di Prigioniera del Falco d’Italia. Subito la curiosità dei Bresciani fu grande e durante le domeniche successive molti furono i papà che accompagnarono i propri figli a vedere questo “mostro” giunto sulla sommità dell’amato Castello.

Cartolina

Ecco la numero 1 al termine del suo viaggio più lungo. Da poco è esposta nei giardini del Castello Cidneo a Brescia con l’appellativo di “Prigioniera del Falco d’Italia”. Da cartolina/coll M.Bicchierai.

Cinquant’anni sono passati da allora, durante i quali è stata amorevolmente accudita dai soci del Club che ancora oggi provvedono alla sua revisione annuale, che comporta la sistemazione delle parti danneggiate e la sua verniciatura, in modo da offrire sempre un’immagine degna di un mezzo che ha fatto la storia del trasporto in Valcamonica.

Estratto dall’articolo di M. Bicchierai pubblicato sul Bollettino FIMF n. 268 del 2007 – bimestrale della Federazione Italiana Modellisti Ferroviaria e Amici della Ferrovia alla quale il Club Fermodellistico Bresciano è affiliato.

Chiudiamo questa pagina di storia con una foto della numero 1 durante i festeggiamenti per il suo cinquantesimo anniversario di permanenza in Castello, circondata dai soci e dagli amici del Club che in questi anni se ne sono presi cura.

50 Anni della 1

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